L'Attesa nella Speranza: Tempo di Avvento

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Buona sera a tutti, siamo già entrati nel nuovo anno liturgico ciclo B, nel tempo di Avvento con il nuovo Messale, e pensavo di presentarvi il colore di questo tempo liturgico iniziale che è l’Avvento Natale ed Epifania, la sua teologia, i suoi momenti fondamentali, è chiaro che non si tratta di una lectio minuziosa e puntuale di una liturgia della Parola di qualche domenica di questi tempi forti, ma una presentazione generale delle caratteristiche di questo periodo che dà inizio all’anno liturgico. Oltre a ciò voglio anche aggiungere qualche sottolineatura del Vangelo di Marco, per approfondirne la sua conoscenza visto che ci accompagnerà in questo ciclo.

Quindi questa sera sarà un momento di approfondimento biblico-liturgico del tempo che stiamo vivendo e che fa parte della formazione spirituale dei lettori. Certamente in streaming è difficile svolgere laboratori didattici che rimandiamo a tempi più felici.

Le ultime domeniche del Tempo Ordinario – con le parabole delle 10 vergini, dei talenti affidati ai servi e la narrazione apocalittica del giudizio finale a Cristo re – presentavano progressivamente il compimento delle realtà ultime. Tutto il Tempo Ordinario da Pentecoste a Cristo Re (34° domenica del TO) mostra progressivamente che il regno dei cieli qui presente nella nostra storia volgerà al suo compimento, al suo fine.

Come termina l’anno liturgico, così ha inizio la stagione dell'Avvento incentrato anche esso sulla venuta definitiva del Redentore nell’escatologia. Come in uno spartito musicale, così nei cicli rituali i periodi di inizio e fine s'incontrano, così il complesso Avvento/Epifania è un periodo di inizio perché fa memoria dell’inizio dell’evento salvifico, appunto, l’Incarnazione del Verbo, inizio e anticipo del regno dei cieli e porta con sé un forte accento dell'attesa escatologica del Signore che è la vera e propria attesa della Chiesa che professa nel proprio atto di fede:

Annunciamo la tua morte Signore,

proclamiamo la tua risurrezione

nell’attesa della tua venuta.

[1] [2] Nelle quattro settimane di Avvento, il significato della venuta del Messia, dall'attesa del compimento finale della storia, presente nelle due prime domeniche d’Avvento, si sposta, per le ultime due domeniche alla preparazione della natività divina.

Tale preparazione trova il suo apice nel racconto dell'Incarnazione del Figlio di Dio nel grembo di Maria che si compie nella celebrazione della sua Natività il 25 dicembre.

Dodici giorni dopo la Chiesa celebra la festa dell'Epifania, festa strettamente legata alla parusia che celebra la manifestazione del Signore a tutta l’umanità mostrando la portata universale del regno di Dio.

Quaranta giorni dopo, il 2 febbraio, troviamo la festa della presentazione di Gesù al Tempio, che la tradizione occidentale ha chiamato Candelora, e quella orientale “l’incontro; anch’essa è una festa legata al tempo di Natale per il suo carattere di inizio nel quale il Signore nel suo tempio incontra il popolo dei credenti nelle persone di Simeone e di Anna.

[3] L’inno vespertino nella Liturgia delle Ore dell’Epifania ricorda gli eventi che la tradizione cristiana riconosce come momenti legati alla prima manifestazione del Signore Messia nella carne e nel mondo:

i primi due versetti fanno memoria della visita dei Magi al bambino re di Betlemme con il turbamento di Erode e tutto il suo palazzo reale, episodi che troviamo in Mt; poi si ricorda ….

Perché temi, Erode,
il Signore che viene?
Non toglie i regni umani,
chi dà il regno dei cieli.

I Magi vanno a Betlem
e la stella li guida:
nella sua luce amica

cercan la vera luce.

Il Figlio dell'Altissimo
s'immerge nel Giordano,
l'Agnello senza macchia
lava le nostre colpe.

Il battesimo di Gesù che segna l’inizio della missione pubblica di Gesù in Palestina confermata dalle parole di Dio stesso: “."Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento" (Mc1,11), presente in tutti e quattro i vangeli.

Le nozze di Cana Gv 2,1-12 dell’evangelista Giovanni che segna l’inizio della fede in Gesù come Maestro divino da parte dei suoi discepoli. Dice il testo al v. 11: Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.


Teologia dell'Avvento – Quali le caratteristiche

Questo tempo liturgico è essenzialmente celebrazione del mistero della venuta del Signore.

[4] La sua teologia è ben espressa nell’embolismo dei due prefazi che –Si dicono, come è indicato nelle rubriche, dalla prima domenica fino al 16”: il primo comincia facendo memoria della prima venuta nella carne del Signore e poi quella definitiva, il secondo, al contrario: prima fa memoria della venuta definitiva del Signore e poi quella della sua venuta nel tempo della nostra storia.

La duplice venuta del Cristo:

  • Al suo primo avvento nell'unità della nostra natura umana (definizione del concilio di Calcedonia 451) egli portò a compimento la promessa antica, e ci aprì la via dell'eterna salvezza.

  • Verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell'attesa.

[5] Cristo, Signore e giudice della storia

  • Tu ci hai nascosto il giorno e l'ora, in cui il Cristo tuo Figlio, Signore e giudice della storia, apparirà sulle nubi del cielo rivestito di potenza e di splendore. In quel giorno tremendo e glorioso passerà il mondo presente e sorgeranno cieli nuovi e terra nuova. (Apocalisse)

  • Ora Egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno.

[6] Il già e non ancora

Si coglie chiaramente il già e il non ancora del tempo della Chiesa. Essa nel suo pellegrinaggio terreno, vive continuamente la tensione del già della salvezza tutta compiuta in Cristo e il non ancora della sua attuazione in noi nella sua piena manifestazione nel ritorno glorioso del Signore giudice e Salvatore.

L'atteggiamento che caratterizza questo tempo d’inizio sarà dunque l'attesa vigilante e operante, gioiosa, piena di speranza, perché il Dio della rivelazione è il Dio della promessa che ha manifestato in Cristo, tutta la sua fedeltà all'uomo (2Cor 1,20: Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono "sì". Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro "Amen" per la sua gloria.). La Chiesa nell'Avvento vive l'attesa del Messia a livello di realtà e definitiva manifestazione di questa realtà che è Cristo.

Ora vediamo come in uno specchio, dice Paolo, ma verrà il giorno in cui vedremo faccia a faccia (1Cor 13,12). La Chiesa vive questa attesa nella vigilanza e nella gioia perciò prega Maranatha: Vieni Signore Gesù! (Ap 22,17,20).

Questa espressione aramaica caratterizza questo tempo di attesa e la sentiremo risuonare sesso.

Maràna tha: è un’acclamazione liturgica, in lingua aramaica, delle comunità cristiane palestinesi; significa “Vieni, o Signore” (Ap 22,20), oppure, con scrittura leggermente diversa, “Il Signore viene”.

Era un’espressione famigliare per i primi cristiani, per il suo uso liturgico, aveva un ruolo significativo nella spiritualità del cristianesimo primitivo e anche nella primitiva liturgia cristiana, come il termine greco parusìa, alla quale è strettamente legato.

Nella forma del tempo perfetto (tempo passato, compiuto, la traslitterazione greca, appare compressa in una sola parola capace di esprimere un evento completato nel passato e risuona come una professione di fede. Per es. questa parola in aramaico è riportata da Paolo nei saluti della 1Cor 16,22

Se qualcuno non ama il Signore, sia anàtema! Marànatha! La grazia del Signore Gesù sia con voi. 24 Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù! Il Signore viene.

Espressa in due parole nella forma imperativa è orientata verso il futuro, essa assume la caratteristica dell’invocazione affinché si realizzi il desiderio che venga il Cristo glorioso. Come la troviamo in Ap 22,20: Colui che attesta queste cose dice: "Sì, vengo presto!". Amen. Vieni, Signore Gesù. 21 La grazia del Signore Gesù sia con tutti.

Il Signore è venuto viene e verrà! È la pienezza del tempo che troviamo nella liturgia, e nell'orazione Vegliate e siate pronti

[7] Tre figure bibliche

In questo tempo liturgico emergono tre figure bibliche che ci accompagnano nel cammino spirituale di attesa nella speranza, di abbandono nella fede, di conversione e di gioia, e sono: il profeta Isaia - il precursore del Signore, Giovanni Battista - Maria la donna del sì.

Il profeta Isaia

Il libro di Isaia ha sempre avuto un grande rilievo nella tradizione cristiana. Basti pensare alla presentazione di Gesù come "Emmanuele, Dio con-noi”, che apre il vangelo di Matteo (1,23) con richiamo a Is 7.14; alla figura del Servo sofferente (Is 52,13-53,12) che sta sullo sfondo dei racconti sulla passione di Gesù (vedi anche At 8,32- 35; 1Pt 2,22); alla predicazione di Gesù nella sinagoga di Nazaret, narrata da Luca con esplicito rimando a Is 61,1-2 (Lc 4,16-30). Lo splendore del suo stile, la forza profetica dell’annuncio, fanno di Isaia il grande classico della Bibbia.

In questo tempo ascolteremo brani tratti dalla terza parte del libro di Isaia (Trito-Isaia cc. 56-66) nel quale le parole contenute nel suo libro sono rivolte al popolo d'Israele che affronta i difficili momenti della ricostruzione civile, politica e religiosa, in Gerusalemme e Giuda.

Nella liturgia della Parola, la relazione tematica fra il Vangelo e la prima lettura è prevalentemente profetica: cioè si afferma che fin dalla sua nascita, Gesù è il messaggero della buona novella della salvezza, annunciata a più riprese nel corso della storia, dai profeti inviati da Dio a preparare i cuori alla sua venuta.

Giovanni Battista

La venuta di Dio in Cristo richiede una continua conversione: la verità del Vangelo è una luce che richiede un pronto e lucido risvegliarsi dal sonno (Rm 13, 11; Mc 13).

Attraverso la predicazione del Battista è sollecitata una continua conversione per preparare le vie del Signore e accogliere il Signore che viene.

Maria la donna del sì

Se questo tempo liturgico è essenzialmente celebrazione del mistero della venuta del Signore, a questo mistero è particolarmente legata la cooperazione di Maria con il suo “Sì”: fiat mihi secundum verbum tuum”.

Celebrare l’Immacolata concezione di Maria è celebrare un altro inizio quello dell’umanità redenta e Maria Immacolata non è solo la prima ma ne è il prototipo, il modello dell'umanità redenta, il frutto più eccelso della venuta redentiva di Cristo. In lei (come canta il prefazio della solennità) Dio ha segnato l'inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza!'

[8] La Parola di Dio nella celebrazione liturgica

Ora nella celebrazione Eucaristica la parola di Dio è attualizzata e raggiunge la pienezza del suo significato (pensate ai due pellegrini di Emmaus Lc 24) così la parola costantemente annunciata nella liturgia, sempre viva ed efficace per la potenza dello Spirito Santo, diventa un nuovo evento che arricchisce la parola stessa di una nuova efficacie interpretazione e sempre manifesta l’amore del Padre costantemente all’opera nella storia dell’umanità.

La Chiesa segue fedelmente nella liturgia quel modo di leggere e d’interpretare le sacre Scritture a cui ricorre Cristo stesso, che a partire dall’oggi del suo evento esorta a scrutare tutte le scritture:

Lc 24,25-33: Disse loro: "Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26 Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?". 27 E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Se l’ordine celebrativo delle letture è quella che conosciamo:

lettura + salmo responsoriale. + 2° lettura + Vangelo

[9] l’ordine ermeneutico delle letture del lezionario, per una lectio liturgica, per lo studio interpretativo dei formulari biblici delle domeniche, sarà inverso:

Vangelo + 1° lettura + salmo responsoriale + 2° lettura

Come afferma OLM 13

La lettura del Vangelo costituisce il culmine della stessa liturgia della Parola; all'ascolto del Vangelo l'assemblea vien preparata dalle altre letture, proclamate nel loro ordine tradizionale, prima cioè quelle dell'Antico Testamento e poi quelle del Nuovo.

Gli altri testi sono essenzialmente orientati al Vangelo e la loro lettura è condizionata sia dal tipo di legame che hanno con il Vangelo sia dalla lettura fondamentalmente cristologica delle pericopi.

Le letture sono ordinate in base al criterio della concordanza tematica. Per quanto riguarda il tempo di Avvento e in genere nei Tempi forti dell’anno liturgico, tutte e tre le letture concordano nel tema.

Il legame tematico fra tutte e tre le letture può essere di diversi tipi:

- profetico (schema promessa-adempimento)

- tipologico (schema anticipo-pienezza)

- pedagogico (sapienziale - schema culturale della mentalità, della sapienza, ecc.)

- letterale (spesso fra la prima lettura e il Vangelo).

[10] Chiavi di lettura.

[11] Allora conoscere bene l’evangelista che in quest’anno ci accompagnerà domenica dopo domenica: il Vangelo di Marco.

Il vangelo di Marco

Autore

Non si è molto sicuri sulla sua identità; il Vangelo infatti si presenta anonimo. Dopo minuziose indagini storiche moderne, le indicazioni tradizionali rimangono ancora probabili: l'autore sarebbe il Marco conosciuto da Pietro (vedi Atti 12,12 e 1Pietro 5,13), che più tardi accompagna Paolo e Barnaba nei loro viaggi missionari (vedi Atti 12,25 e 13,15) e infine, a Roma, è al fianco di Pietro in qualità di suo aiutante e suo «interprete». In quest’ultima situazione egli avrebbe accolto l'invito di fissare, in uno scritto, i contenuti principali della predicazione degli apostoli, così com’era formulata verso l’anno 70 d.C. Certamente egli utilizzò alcuni schemi di insegnamento che allora avevano una forma abbastanza definita; forse ebbe a disposizione anche qualche scritto. In ogni caso, quasi tutti gli studiosi oggi ritengono che Marco è stato il primo a raccogliere i fatti e le parole di Gesù dentro un racconto di carattere catechistico.

Primi lettori

Marco si è rivolto prevalentemente a cristiani non ebrei quali potevano essere, già al suo tempo, i cristiani di Roma.

Il Vangelo scritto doveva essere un documento agile e autorevole, capace di fornire una comprensione integrale di Gesù, valido per aiutare a superare i vari pericoli di una fede piuttosto vaga o astratta. Quello che Marco ha realizzato è diventato modello per molti altri testimoni cristiani delle origini.

Il vangelo di Mc nella vita della Chiesa è stato poco usato, poco citato e poco commentato per molti secoli. Il motivo principale della sfortuna di Marco fu la sua povertà di materiale.

  • Mc non contiene i racconti dell’infanzia

  • È povero di discorsi di Gesù

  • Non riporta formule di preghiere

  • Manca di molte parabole

Un padre dei primi secoli, Papia di Gerapoli ci riferisce che “Marco scrive per Pietro con accuratezza ma senza ordine, preoccupato di trasmettere tutto ciò che aveva udito dalla predicazione di Pietro e di non travisarlo in nulla”.

Lo STUDIO STORICO CRITICO della seconda metà del XVIII secolo (Rinascimento 1750 e con il movimento protestate) è applicato ai testi della Sacra Scrittura e metodo già utilizzato per la letteratura profana, mette in luce che il racconto marciano non è “senza ordine” ma ha un’unitaria e potente idea di fondo che è presentata con coerenza dall’inizio alla fine: la progressiva scoperta dell’identità di Gesù, prima come Messia, poi come Figlio di Dio.

[12] Nel 1970, la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, riserva a Marco nel nuovo lezionario festivo, l’anno B del ciclo triennale.

Le sue caratteristiche stilistiche letterarie:

  • Tende alle paratassi collega le frasi con e

  • Non differenzia il vocabolario usa ferei sempre portare, trasportare, condurre

  • Ama il presente storico Gesù dice, fa, insegna

  • Adopera frasi in aramaico effatà, tabità cum; emà sabactani; rabbi; …

  • Fa uso di latinismi parole latine trasferite nel greco

  • Espressioni tautologiche dire in due frasi la stessa cosa: alla sera, al tramonto del sole; entrò in Gerusalemme al tempio, …

  • Racconti in sovraimpressione intreccio di un racconto in un altro perché uno trasmetta significato all’altro.

  • Uso dei sommari Gesù faceva miracoli in tutta la regione

Rivelano in Mc uno scrittore non raffinato, eppure manifesta nello stesso tempo una freschezza viva, attraente. Egli conferisce alle scene, vivamente e vivacemente narrate, l’immediatezza di uno scatto fotografico.

Marco è un vangelo che può dispiacere a qualcuno che lo legge a tavolino ma è fatto per la lettura pubblica.

[13] Il titolo di Mc è programmatico

Il vangelo si autodefinisce come: Inizio del vangelo, il lieto messaggio di Gesù, che è il Cristo e il Figlio di Dio. In tutto il vangelo affiora la domanda: “Chi sia Gesù e le risposte imperfette sono poste da Gesù sotto segreto e i discepoli si rivelano sempre incapaci di capire. La domanda sull’identità di Gesù e il segreto messianico è la problematica marciana che attraversa tutto il suo vangelo.

Concentrazione cristologica

Il tema centrale è quello della progressiva scoperta dell’identità di Gesù prima come Messia nella scena centrale e poi nella scena culminante sul calvario come Figlio di Dio.

Progressività nelle vicende narrative

C’è una progressione in ciò che Gesù annuncia e rivela nella resistenza opposta a Gesù, nel ruolo dei discepoli.

Preponderanza del materiale narrativo

Gli episodi risultano organizzati in archi di tensione narrativa come cicli che si aprono e si chiudono e sono superati e completati da un altro ciclo narrativo.

Funzione strutturale di alcune scene

Ci sono scene madri legate a luoghi: cafarnao/cesarea di filippo/calvario, che sono le scene chiavi del vangelo marciano.

Mc 1,21-28 Gesù insegna a Cafarnao e guarisce un indemoniato

Mc 8,27,30: professione di Pietro a Cesarea, preparato dalla guarigione del cieco.

Mc 15,39: professione del centurione davanti alla croce di Gesù che lo vede spirare, sul Calvario.

In essi si chiudono archi di tensione narrativa dove si rivela la cristologia di Marco.

Scene teofaniche o scene di rivelazione dall’alto

È Dio che rivela chi è Cristo: 1,1 nel battesimo; 9,7 nella trasfigurazione; 16,1 il mattino di pasqua. L’identità trascendente e gloriosa di Gesù viene rivelata dall’alto senza alcuna ricerca dei discepoli.

Il lettore, a partire dal titolo e dalla teofania al battesimo, già sa, fin dal principio chi è Gesù, ma non lo sanno le folle

e i discepoli, cioè i protagonisti del racconto marciano che si trovano di fronte a una novità che non ha pari e suscita in loro timore.

[14] Saluti.



Sr M. Piera Moretti pd

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